L’Uomo Ragno alias tornare bambini
È
possibile che il vedere l’Uomo Ragno camminare su una parete a quattro
palme ci faccia ritrovare degli automatismi motori di quando eravamo un
feto? Oppure che una sensibilità sovrumana, che per il personaggio di
Spyderman è detta “senso di ragno”, ci richiami un tipo di sensibilità
intrauterina? O che un filo di ragnatela diventi filo conduttore per
farci rivivere delle esperienze prenatali? Oggi, alla luce delle mie
esperienze, credo proprio di sì.
Pochi
personaggi, che la fantasia ha fatto nascere con le vesti di super
eroi, hanno un grande impatto emotivo sui bambini e sui ragazzi quanto
l’Uomo Ragno. Un impatto simile è possibile solo quando l’eroe
protagonista ha delle caratteristiche, qualità e capacità, nelle quali
lo spettatore si possa in un qualche modo identificare, rivivendo
emozioni profonde alle quali poter dare corpo, espressione e con le
quali interagire.
Da
tempo ormai gli studi sulla vita prenatale hanno sondato gli aspetti
psicologici di questa importante fase della vita di ogni essere umano.
Mirabili sono le ricerche condotte dal Dott. Ludwig Janus sulle
connessioni tra la pittura e le emozioni della vita prenatale. E’
evidente che, se l’inconscio è in grado di dirigere il pennello
dell’artista, allo stesso modo può guidare l’ideazione di un personaggio
dei fumetti.
Uno
dei personaggi più chiari da rileggere dal punto di vista di queste
considerazioni è sicuramente quello dell’Uomo Ragno. Quasi tutti i suoi
“poteri” hanno, nelle pieghe della nostra memoria più sedimentata, una
corrispondenza con una realtà vissuta e sperimentata. Proviamo a
scorrere insieme le sue caratteristiche principali.
La capacità di camminare facilmente sulle pareti sia con i piedi sia con le mani.
Quando un bambino, in uno stato di incanto e stupore, vede l’Uomo Ragno
muoversi agilmente su qualsiasi tipo di parete utilizzando
indifferentemente le quattro palme, “sente” che anche lui è capace, o
meglio, è stato capace di fare altrettanto. Quando? Quando era
nell’utero di sua madre e gli era molto facile camminare lungo le pareti
intrauterine. Oppure, proprio come vede fare all’Uomo Ragno, quando
anch’egli sapeva saltare da una parete all’altra.
La capacità di produrre e utilizzare la ragnatela, sia per gli spostamenti, sia in altri modi.
Che dire poi della ragnatela, utilizzata dall’Uomo Ragno soprattutto
come mezzo per spostarsi più agilmente da una parete all’altra? In essa
un bambino non potrebbe ritrovare le sensazioni che provava quando per
lui il cordone ombelicale diventava uno strumento al quale aggrapparsi
sentendosi ancora più leggero all’interno dell’utero ed anche come un
aiuto per spostarsi o cambiare posizione? Altri personaggi dei fumetti
sono in grado di riattivare questa memoria profonda. Potrei, ad esempio,
citare Tarzan che, utilizzando le liane per spostarsi da un albero
all’altro, fa maggiormente risaltare l’interpretazione liana-cordone
ombelicale e albero-placenta. Tarzan vive in una Madre Foresta che non
gli fa mai mancare una liana per ogni suo balzo. Anche Dare Devil è un
personaggio dotato di uno strumento di spostamento simile alle liane per
muoversi tra i grattacieli.
Il senso di ragno. Trattando
questo ulteriore aspetto entriamo in un campo particolarmente
affascinante. Per chi non lo sapesse il “senso di ragno” è, per
Spyderman, la capacità di avvertire un pericolo, o sentire che si sta
avvicinando all’oggetto delle sue ricerche quando ancora la vista, in
primis, e gli altri quattro sensi non possono dargli alcuna
informazione. E’ un po’ come una capacità paranormale.
Ma come possiamo mettere tutto ciò in relazione con la nostra vita
prenatale? Com’è possibile avere già sperimentato qualcosa di simile?
Gli
studi sul prenatale portano, oltre che a ipotizzare, anche a ritenere
che le connessioni e interazioni sul piano mentale tra la madre ed il
bambino intrauterino, si situino anche a livello di fusione tra intere
porzioni d’inconscio dell’una con quelle dell’altro; ossia la madre
porge al bambino una propria mappa che lo aiuta a strutturare il suo
inconscio, coaudiuvandolo nell’elaborazione di emozioni e protopensieri.
Quindi il bambino è nella condizione privilegiata di percepire ed
elaborare emozioni e pensieri, che non gli giungono unicamente
dall’esperienza dei suoi cinque sensi, ma gli arrivano anche da una
pre-elaborazione psichica della madre e costruiscono in lui una
sensibilità speciale, che potremmo definire paranormale. Quasi come se
anch’egli fosse dotato di una sorta di “senso di ragno” che lo pone in
grado di percepire l’ambiente circostante, senza gli occhi fisici e,
come per l’Uomo Ragno, indifferentemente di fronte a sé o alle proprie
spalle.
I
due personaggi citati a corollario ci aiutano a rafforzare queste
ipotesi. Anche Tarzan è dotato di una facoltà extrasensoriale: possiede
la capacità-sensibilità di parlare con gli animali. Dare Devil è
addirittura cieco. Tuttavia la perdita della vista quando era ancora
ragazzo, per motivi che ora non è il caso di spiegare, si è trasformata
in un radar interno che gli fa percepire gli oggetti attorno a lui
meglio di quanto potrebbero fare due occhi sani.
Anche
il bambino prenatale non è in grado di vedere il mondo esterno al
pancione con i propri occhi fisici, però è in grado di percepirlo
attraverso la madre e le sue emozioni, quasi come lei fosse un radar.
Quindi in Dare Devil è intuibile il collegamento tra il suo tipo
speciale di cecità e vista prenatale. Perciò, un ragazzo che in un
momento di fantasia incantata vede ed elabora le gesta di questi suoi
eroi, che evocano in lui dei ricordi profondi ed inconsci, sente che in
un qualche modo tutto ciò egli lo ha già vissuto e facilmente se ne
immedesima. Il costume dell’Uomo Ragno.
Faccio
anche una piccola digressione dagli aspetti più interessanti di questo
tema. Il costume dell’Uomo Ragno è rosso e blu, con delle venature di
nero per richiamare il disegno della ragnatela. Forse ciò non è casuale,
visto che sono gli stessi colori generalmente utilizzati per
schematizzare la circolazione sanguigna, rosso per le vene e blu per le
arterie. Inoltre il disegno della ragnatela sul costume potrebbe anche
evocare il reticolo dei vasi sanguigni. La percezione della circolazione
sanguigna è presumibile che sia molto più intensa nell’esperienza di un
feto che non in quella di un adulto, dotato, tra l’altro, oltre che di
una pelle più spessa, anche di una sensibilità molto più attutita. Chi
ha disegnato e scelto i colori di Spyderman? La mente o l’inconscio del
disegnatore?
Il costume calzamaglia e la relazione col sacco amniotico.
Se dovessimo proseguire sull’onda delle considerazioni sopra esposte,
il passo successivo potrebbe essere quello di ipotizzare una spiegazione
nuova sul fatto che molti super eroi indossino una calzamaglia e,
quando questa è indossata, solo allora manifestino i propri super
poteri. E’ possibile che un bambino, ogni volta che vede il suo
personaggio preferito calarsi nella calzamaglia, che lo rende
irriconoscibile alla gente comune, e da quel momento inizia a
manifestare i suoi super poteri, rievochi la memoria corporea di quando
anche lui, avvolto nel manto del sacco amniotico, irriconoscibile agli
occhi della gente comune, era dotato di super poteri simili a quelli
dell’Uomo Ragno?
Spesso
i super eroi entrano in contatto con dei “colleghi” anch’essi in
calzamaglia. E’ forse un modo per rievocare e farci rivivere delle fasi
della vita prenatale nelle quali alcuni di noi sono stati in contatto
con un fratellino o una sorellina che, interagendo con noi nell’utero di
nostra madre, erano anch’essi ammantati di una calzamaglia-sacco
amniotico?
Le capacità insospettabili del feto-Uomo Ragno.
A questo punto prende sempre più corpo una riflessione affascinante e,
per certi versi, sconvolgente. Sappiamo che l’Uomo Ragno, come molti
altri super eroi, ha un’identità sconosciuta. Nessuno sa chi è. Nessuno
sa che il suo vero volto è quello di uno studente come tanti, con
problemi economici e di relazione, nessuno sa che quello è il volto di
un grande eroe. Egli, rifuggendo la gloria, da il meglio di sé una volta
calzato il costume, operando e prodigandosi senza sosta per il bene
della collettività nella quale vive. Quest’ultimo aspetto ci pone di
fronte a un’ipotesi ed anche a un grande interrogativo. Il feto, che la
gente comune considera un essere inerme, incapace di provvedere al
proprio sostentamento, esclusivamente in grado di ricevere il nostro
amore salvifico senza essere a sua volta capace di relazionarsi a noi,
che viviamo senza calzamaglia all’esterno del pancione, se quel feto
così incapace fosse invece un grande essere che, ammantato del proprio
sacco amniotico, emana egli stesso amore?
Se
fosse dotato di capacità relazionali insospettabili, potrebbe rivelarsi
un catalizzatore dei moti più elevanti dell’animo umano che poi, per
vie misteriose ritorneranno a noi non riconosciuti nella loro
provenienza?
Oggi sappiamo che egli, celato nel suo sacco, opera miracoli sulla
biochimica della madre, sulla sua produzione ormonale e su un’infinità
di altri aspetti anche psichici. E’ possibile che il personaggio
dell’Uomo Ragno sia una via, suggeritaci dall’inconscio, per ridare
dignità e spessore a delle esperienze realmente vissute e che la scienza
non ha ancora trovato tutte le parole adatte per esprimerle. Personaggi
come l’Uomo Ragno sono il linguaggio che il nostro inconscio utilizza
per celebrare quelle emozioni provate durante la vita uterina quando,
immersi nell’oscurità, noi partecipavamo alla vita dei nostri cari e
incanalavamo fontane d’amore verso nostra madre e arcobaleni di luce
verso nostro padre.
Ultime considerazioni aggiuntive. Forse
quanto detto finora sarà servito a far riflettere qualcuno, oppure, per
qualcun altro, sarà stato solo un volo della fantasia. A volte, ci sono
dei bambini che soffrono di gravi handicap a livello della
comunicazione, bambini per i quali psicologi e psicoterapeuti non sanno
bene cosa fare per dare loro un aiuto concreto. Se però questi bambini
manifesteranno una grande passione per personaggi come l’Uomo Ragno,
forse, alla luce di quanto detto sopra, ci sarà una possibilità in più
per capirli e facilitarli nella comunicazione di ciò che ci vogliono
veramente dire.
Edi Migliorini
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